TERAMO – «Un provvedimento eccezionale, perchè eccezionale è stato quello che ha colpito Teramo e la sua provincia». La richiesta dello "stato di emergenza per calamità naturale per la provincia di Teramo", con adeguate risorse e l’istituzione di una relativa zona franca, viene chiesta dai sindaci teramani, riuniti nell’assemblea convocata dal presidente della Provincia, Renzo Di Sabatino, per valutare la richiesta di provvedimenti urgenti al Consiglio dei ministri. Va modificato in fase di conversione, il decreto sul sisma dello scorso 9 febbraio, con l’inserimento della richiesta di specifiche ordinanze della Protezione civile, per la copertura totale dei costi sostenuti dai comuni, l’allargamento del cratere a tutti i comuni della montagna teramana, e relativi benefici fiscali di sospensione di prelievi e del pagamento delle tasse per i prossimi due anni, con dilazione fino a 10 anni alla ripresa dei prelievi. Alla base di questa richiesta, «l’unicum senza eguali che ha coinvolto il Teramano – ha detto Di Sabatino – con la nevicata, tre scosse sismiche oltre il quinto grado, i blackout elettrico e telefonico, che hanno provocato quattro vittime e 2.700 sfollati». Aprendo la discussione attorno alla bozza di richiesta da inviare all’esecutivo di Gentiloni il presidente del’Ente ha esposto i numeri dell’emegenza: oltre 440 milioni di euro di danni, tra quelli al patrimonio pubblico (44 milioni), a quello privato (180), alle chiese (35), alle scuole (223), alle attività economiche (55), ai quali vanno ad aggiungersi lo sbricolamento del territorio di queste ultime ore, tra strade provinciali (47 milioni) e comunali (29). «Numeri sui quali la risposta è stata insoddisfacente – ha commentato Di Sabatino, che ha diviso le responsabilità del dissesto a metà tra amministratori di ieri e di oggi e i tagli alle casse delle Province -. E’ stata insoddisfacente perchè il problema parte da lontano, ovvero chi sta in alto nella scala istituzionale, non ha avuto ben chiaro il quadro di quanto stava ed è accaduto in provincia di Teramo». Il presidente della Provincia ha richiamato i primi cittadini a «una risposta unita, perchè la forza di 47 sindaci è molto di più di quanto può fare un consigliere o un assesore regionale, anche con l’appoggio dei parlamentari». Ma se c’è chi spinge per una forma di protesta civile, magari da organizzare a Teramo, c’è chi, come il sindaco del capoluogo Maurizio Brucchi, o quelli di Notaresco, Diego Di Bonaventura, e Penna Sant’Andrea, Severino Serrani, insistono per una manfestazione eclatante da tenere a Roma, in piazza Montecitorio: «Tanto non ci ascoltano – ha detto Brucchi – e lo ha dimostrato il premier Gentiloni che è venuto a Teramo e ci ha sentito, ma poi il decreto non lo ha modificato».
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